Susanna Esposito e lo studio sul long Covid: più a rischio le femmine tra i 12 e i 50 anni

Susanna Esposito, Professore Ordinario di Pediatria all’Università di Parma e Direttore della Clinica Pediatrica all’Ospedale Pietro Barilla dell’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Parma, ha pubblicato sul sito “Società Italiana di Pediatria” un articolo in cui affronta il tema del long Covid da un punto di vista pediatrico, riportando i dati di un recente studio.

Susanna Esposito

Susanna Esposito: lo studio sul long Covid

Sono diverse le persone che hanno affrontato l’infezione da SARS-CoV-2 acuta e che, a distanza di tempo, lamentano ancora sintomi collegati alla malattia. Susanna Esposito, Professore Ordinario di Pediatria all’Università di Parma, precisa che si può parlare di “long Covid se la sintomatologia persiste per più di 3 mesi dalla diagnosi dell’infezione acuta”. Sebbene i dati raccolti finora siano altamente variabili e i meccanismi che causano il long Covid pressoché sconosciuti, sembrerebbe che “l’età adolescenziale sia associata a un rischio maggiore di persistenza dei sintomi”. Un recente studio condotto presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma ha valutato se il rischio di long Covid sia correlato a variabili quali il sesso e l’età, basandosi su protocolli standardizzati di raccolta dei dati di follow-up sviluppati da gruppi di lavoro dell’International Severe Acute Respiratory and Emerging Infection Consortium (ISARIC) dell’Università di Oxford. L’iniziale raccolta di dati è stata realizzata da un team di medici mediante intervista diretta, dopodiché è stato chiesto ai soggetti di completare un questionario.

Susanna Esposito: l’incidenza del genere nel long Covid

Stando ai dati emersi dallo studio, il 62% dei bambini e l’85% degli adulti hanno riportato almeno un sintomo riconducibile al long Covid. Il 28% dei bambini e il 71% degli adulti hanno invece riferito più di un sintomo. Tra i sintomi più comuni nei bambini c’erano quelli di natura respiratoria, neurologica, di affaticamento e gastrointestinale, mentre negli adulti i più frequenti erano neurologici, di affaticamento, di dolore muscoloscheletrico e respiratori. Se la prima fase dell’analisi non ha mostrato differenze tra le classi di età o il genere, l’analisi di sottogruppo ha invece evidenziato stime di rischio “significativamente diverse nelle femmine rispetto ai maschi per classe di età”, in particolare nelle fasce di età 0-5 anni e 12-50 anni. Nella prima ad essere più a rischio sono i maschi, mentre nella seconda le femmine. “Questo studio – osserva Susanna Espositoevidenzia l’importanza del genere come fattore di rischio per il long Covid, ma solo in specifiche fasce d’età. In particolare, l’elevato rischio riscontrato nelle donne di età compresa tra i 12 e i 50 anni sottolinea la necessità di approfondire il ruolo degli ormoni sessuali sui processi infiammatori/immunitari e autoimmunitari”. Conoscere tali differenze è importantissimo per la prevenzione e un più preciso trattamento del Covid.

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